Museo dell’Accademia Perugia

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La Gipsoteca

La collezione di gessi appartenente al museo ha origine con l’istituzione dell’Accademia stessa e comprende oltre 600 pezzi, di cui solo una parte esposta al pubblico.

Nell’allestimento del 1941 Gerardo Dottori, allora direttore dell’Accademia, scelse di disporre i calchi in modo che potessero essere osservati da ogni angolazione, mentre altri furono esposti in un affastellamento a parete, creando un percorso coerente per stili ed epoche.

L’attuale esposizione, pur mantenendo questo assetto, presenta una selezione di pezzi significativi all’interno di una scenografia studiata per esaltare, al centro, il primo nucleo di opere della Gipsoteca: si tratta dei calchi delle statue raffiguranti Il Giorno, La Notte, Il Crepuscolo e L’Aurora delle Tombe Medicee, opera di Michelangelo Buonarroti nella sacrestia di San Lorenzo a Firenze. Questi gessi furono realizzati da Vincenzo Danti, scultore e architetto perugino, in concomitanza con la fondazione dell’Accademia nella seconda metà del Cinquecento, quando Michelangelo era considerato il modello indiscusso da seguire.

La raccolta si è andata gradualmente arricchendo nel tempo con numerose acquisizioni, grazie anche alla generosità di collezionisti e artisti; ancora oggi, pur se divenuta museo, mantiene la sua primaria funzione didattica per gli studenti della cattedra di disegno.

È presente un’ampia varietà cronologica e tematica di pezzi, che include calchi di opere greche ed etrusche del V-VI secolo a.C. fino a riproduzioni e invenzioni originali ottocentesche. Si possono ammirare le copie in gesso di capolavori dell’antichità come il pugilatore Damòsseno, il Laocoonte, Amore e Psiche, il Galata morente.

Particolare e profondo il legame tra l’Accademia di Perugia e Antonio Canova. Dopo la nomina di accademico di merito nel 1812, il ruolo dello scultore divenne determinante nella scelta dei direttori della scuola; egli contribuì anche alla selezione dei calchi in gesso tratti dai capolavori classici che andarono ad incrementare la raccolta, tra cui il Torso del Belvedere. Nell’ambito di questo intenso rapporto, nel 1822 Canova donò all’Accademia il calco originale in gesso di una delle sue sculture più celebri, Le Tre Grazie, simbolo del neoclassicismo. Qualche anno dopo la sua morte, infine, nel 1829, il fratellastro Giovanni Battista Sartori lasciò all’Accademia alcuni gessi, in segno di stima verso un istituto al quale lo scultore era stato, in vita, particolarmente legato: i bassorilievi con la Morte di Priamo e la Danza dei figli di Alcinoo, il Damòsseno e la colossale Testa del cavallo, moderni capolavori accostati, in un dialogo alla pari, ai calchi delle antiche sculture.